Festa notturna
- Antonio Orselli
- 18 set 2017
- Tempo di lettura: 2 min
Tutto quello che, generalmente, si conosce sulla festa di Piedigrotta deriva da un’immensa letteratura.
Si può dire che, dal ‘600, fino quasi ai giorni nostri, non c’è stato storico, viaggiatore o cronista che, scrivendo della città di Napoli, non abbia lasciato una qualche notizia, o osservazione, su quell’evento. Testimonianze che risultano presenti in un numero incalcolabile di ricordi di viaggio, storie e opuscoli sulla canzone napoletana, opere specifiche, descrizioni, considerazioni e articoli di giornale.
Dai più antichi documenti storici finora pervenuti, si evince che il Santuario mariano, principale luogo della festa, sarebbe stato mèta di pellegrinaggio dei sovrani di Napoli fin dall’epoca angioina.
Molto ben documentata risulta la presenza alla festa dei Viceré spagnoli e austriaci il giorno 8 settembre, accompagnati al Santuario dai loro soldati squadronati lungo la Riviera.
Con i Borbone, Piedigrotta divenne la sontuosa festa nazionale del Regno delle Due Sicilie. Questi Sovrani vi parteciparono assiduamente con uno sfarzoso corteo e un'imponente parata militare, tra la moltitudine di sudditi venuti da ogni parte, e innumerevoli viaggiatori stranieri.
Dopo il 1860, la storia della festa fu caratterizzata da un nuovo fenomeno culturale: la canzone napoletana.
Un fenomeno, per la verità, già presente nella festa dei Borbone, che, tuttavia, raggiunse, alla fine dell’800, sorprendenti livelli espressivi e di celebrità, quando tutte le più famose canzoni napoletane furono scritte per quella festa e per essere cantate durante quella festa, appoggiandosi a uno spettacolare apparato di audizioni nei teatri cittadini, di carri allegorici, di luminarie e di strepitosi fuochi artificiali.
Al tempo del fascismo, Piedigrotta fu rigidamente inquadrata dalle organizzazioni “dopolavoristiche”, trasformandosi in un’ampia cassa di risonanza per la propaganda del regime.
Nel secondo dopoguerra, la festa fu ripresa sotto la prospettiva di un fragoroso rilancio turistico della città e, negli anni successivi, si ridusse a una piccola manifestazione di quartiere, sopravvissuta stancamente fino ad oggi.
Questo è, in sintesi, quello che ci dice la letteratura.
Ma, tra le righe di questo sterminato materiale, si rinvengono anche delle tracce di un’altra parte del mondo di Piedigrotta, di una sua dimensione oscura, quasi sconosciuta: un’altra festa, una Piedigrotta notturna.
Al tramonto del giorno sette settembre, gruppi di uomini, donne e ragazzi vestiti con foggia guerresca, si muovevano da tutte le parti della città e dai paesi circonvicini, per raggiungere la zona del Santuario. Durante il cammino, si suonavano gli strumenti della musica tradizionale e, intonando i canti della Tradizione, si danzava il ballo sul tamburo o tarantella. Questo pellegrinaggio aveva come mèta la Grotta di Pozzuoli, o Grotta di Posillipo: la Crypta Neapolitana degli Antichi, situata alle spalle del Santuario, nelle immediate vicinanze della cosiddetta tomba del poeta Virgilio Marone. In questo antro, forse da secoli, i napoletani si recavano nella notte tra il 7 e l’8 di settembre e, alla luce dei fuochi e delle fiaccole, stimolati dai canti e dalle danze tradizionali, celebravano una festa che, in alcune sue particolari circostanze, sembrava assumere i caratteri di un rituale erotico di fertilità femminile.
Questo, almeno fino agli inizi del XX secolo, quando la Grotta fu chiusa, e quella festa notturna, naturalmente, non ebbe più ragione di esistere.
Di quest’altra Piedigrotta, non si sa quasi nulla.
Ma, come si diceva, testimonianze ve ne sono, benchè rarissime e assai frammentarie.
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