Giudizio Universale
- Giovanni Carullo
- 29 lug 2017
- Tempo di lettura: 2 min
La creazione, minuziosamente narrata dall’autore, parte dalla discesa agli inferi dell’Inferno dantesco, per incontrare la debolezza di Dante, in un incipit particolarmente infuocato. Tutto comincia da qui, vestendo i panni dell’Occhio Universale Virgiliano.
È qui che ha inizio il difficile viaggio introspettivo dell’autore, partire dalla debolezza del peccato, dalla vanità di Lucifero, e cercare a tutti i costi di non essere subordinato; cercare quella perfezione che solo Dio può avere e che l’uomo cerca di rincorrere, con tutti i suoi mezzi. Viaggio che, il giovane autore e poeta, attraverso stadi di elevazione, lo porta a superare le difficoltà e la sofferenza, verso la crescita come persona, libera da condizionamenti e convenzioni, per riuscire a stare bene con se stesso e proiettarsi attraverso la ricerca dell’Armonia, con la consapevolezza di operare il cambiamento e il ribaltamento degli stati tossici e delle contaminazioni ambientali. Un viaggio, per assurgere al riscatto della propria identità personale.
“Là, dove le stelle smettono di esistere, c’è chi è più grande anche di Dio…”
Recitano i versi dell’autore, è lì che s’incontrano il Tempo e lo Spazio e dove si prefigura la terza dimensione: quella Umana. È qui la profondità della sua incessante ricerca verso la Genesi del Creato. La forza energica dell’IO, che spiega come Dio fosse preoccupato e molto addolorato che i suoi stessi figli fossero destinati a tali cipigli.
Stei per chiedere al maestro con timore
Cosa le fosse stato quel tremore…
La lugubre figura di Acerbugna
E il potere e li sostegni mi fu tardo…
Proclamando il sorger dallo bisso dell’infernale fogna...
L’angelo donna, l’unica degli astri...
La forza di Dio, la sua sapienza, l’amore, di cui empio è il suo cuore, lo portano alla salvezza del Creato e delle creature degne.
L’ode a Dio, che l’autore aspetta di incontrare e che incontra alla fine del suo viaggio, in un abbraccio paterno, dove l’angelo ribelle è finalmente stretto nelle gabbiachele e l’angelo donna, Acerbugna, finalmente viene a se riportato e lo induce a fare la sua acuta riflessione:
“Meglio sentirsi soli davvero, che soli in compagnia…”
Volare con l’intelletto è la massima aspirazione della libertà umana.
Intanto la storia ripete il suo canto,
l’ego rimane, cambia solo il manto.
Il sogno dell’infanzia è caduto,
il cuore degli uomini è diventato muto.
Rita Gemma Petrarca
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